Un ritratto visto attraverso l’opera
La lenta disgregazione del gufo al suo punto assoluto sembra diventare massa. Nel momento in cui la coscienza risorge nella totalità delle origini della vita, tutto è da rifare. Jean Raine portando alla estrema conseguenza una ricerca che va da Soutine a Ernst, non ha esitato a scavalcare degli abissi. Con molto coraggio si è tuffato in un campo che molti artisti nella loro sete di assoluto hanno abilmente evitato: la complessità del magma organico, il suo continuo massacro e la sua dialettica senza sintesi. Si trattava di reinventare forme anamorfiche ma significative e ambigue per cercare di captare i loro scambi impercettibili di materia che l’occhio non ha la possibilità di cogliere. Il compito era ingrato ma la riuscita in questo caso mi sembra senza precedenti.
La novità è d’aver condensato in poco spazio i cicli complessi di una possibile evoluzione della materia. Siamo come si crede degli esseri logici oppure non è forse più vasto il campo nel quale abbiamo paura di avventurarci? Questo campo non sarebbe allora che il nostro bisogno di allegoria? È la dispersione la nostra forza d’essere? Colui che ingenuamente si oppone al corso del “tempo” quel tempo che per Picard è una fuga davanti a Dio e davanti all’uomo è dunque un nemico di se stesso?
Un occhio impietoso quello di Jean Raine, occhio angosciato che scruta la materia nella sua elaborazione, nel suo dinamismo e nel suo sogno. La mitologia semplicistica del passato è ritrovata scientificamente. Non dimentichiamo che Jean Raine ha fatto degli studi scientifici. Esiste il tempo o è un inganno che deforma lo spazio minacciando di oltrepassare dei limiti? Un uccello diventa donna e una donna sdoppia il suo viso, terzo occhio che diventa nuvola. Si ritrova Arcimboldi nella sua ambiguità. Il baco diventa mosca e la mosca farfalla, la farfalla sarà anch’essa una nuova metamorfosi effimera della materia.
Ecco una sfida a tutti coloro che cercano nella forma una stabilità che la renda immutabile. Jean Raine non può che dare una risposta aggressiva. Si vive, si immagina, si inventa. Quale forza ci spinge a superarci continuamente attraverso la finzione? Nessuno lo sa ne si può sottrarre al destino della commedia e della tragedia. Ognuno costruisce il proprio teatro, nessuno sfugge alla propria povertà e alla propria ricchezza.
Jean Raine detesta e ama la critica. La critica non può esser che critica nel momento in cui la poesia s’impone nella sua potenza. Due occhi non ne valgono tre. Egli dipinge con un grande gesto. Il sale del mare gli brucia la vista. Soffre. Oh! I suoi bei paesaggi di Fiandra! Non sono fiammingo ma amo le spiagge di sabbia fine. L’amore s’impone. Per vedere ciò che non si vede ci vuole un terzo occhio.
Vincenzo Torcello, 1976