Testo scritto dall’artista Jean Raine

Testo scritto dall’artista Jean Raine relativo al periodo pittorico di Torcello 1973-1974

Il mio proposito non è di rifare una lezione di anatomia; o di selezionare, e di conseguenza spiegare, il lavoro di un pittore che amo. L’opera è lì presente, evidente agli occhi di coloro che hanno fede nell’acutezza del loro sguardo. Uno dei più grandi poeti della nostra epoca, Paul Eluard, si riallacciava, in questo campo senza orizzonte visibile o invisibile  -la metamorfosi non deve essere disdegnata- a un filosofo che ritengo uno dei più appassionanti, l’autore dei “Falsi trattati di estetica” (Benjamin Fondane).

Per l’uno come per l’altro, il “dare a vedere” implicava che tra il creatore e il suo pubblico, la comunicazione, come per incanto, doveva andare da sé. Sfortunatamente non v’è incanto nelle favole. Tutti e due, Fondane come Eluard, si sbagliavano sopravvalutando le facoltà degli uomini a percepire a integrare e a vivere il mondo della creazione come evidenza, poiché questa evidenza che traduce il dinamismo essenziale alla vita e alla sopravvivenza della nostra specie reclama un’adesione.

Non è così, è la ragione per cui le mie riflessioni sono pessimiste.

II

Esistono troppi esempi, per delle ragioni ancora misconosciute poiché studiate con la ripugnanza dello spavento, nei quali non si debba pagare la nostra audacia con la vita. I manuali di storia ne recuperano solo i più edificanti; i trattati di patologia fanno scempio del resto. Vi è anche il silenzio per snaturare ciò che si vuole ignorare: un grande, un immenso silenzio. Sappiamo che essere sordi è origine di mutismo, sordità alla quale conducono lamentevoli ideologie, poca speranza o contestabili ambizioni, che restringono il campo del dialogo. Ora, l’artista, per essenza, è discorso. A che vale se il creatore si fa trascinare dalle vertigini a planare su degli abissi di vuoto? Scegliere la caduta che (come quella degli angeli ribelli) farà di lui un maledetto o tacere, crepare senza un solo lamento, allontanarsi da coloro dai quali non si ha niente da sperare, rifugiarsi in una natura di un romanticismo fantasmagorico, dove non c’è che da contemplare i crepuscoli e le aurore di giorni disperati. No! Torcello, i pomodori e i limoni che coltivi nel tuo orto potranno essere bellissimi, ma non avranno mai il sapore succoso e amaro dei frutti del tuo pennello.

È alla lotta che ti invito. La mia complicità è tale che sono sicuro di non sbagliarmi, non pretendo alla lettera ciò che tu dici o ascoltando i tuoi silenzi come delle parole.

Vorrei dirti, così come ai tuoi amici, molte cose ancora. Dipingi ora dei visi e mi guarderei bene di dar loro dei nomi: quello di “visi d’uomo” basta per ora. Si è proclamato che noi avevamo avuto accesso alla cultura del visivo e dell’ “audio”. Al diavolo! Possiamo essere sicuri che le labbra ancora a lungo rimarranno inerti e che la fascia di muscoli più espressivi, più affascinanti ed enigmatici delle nostre facce rimarrà anonima.

Jean Raine

Rochetaillée sur Saône, 14 settembre 1974